Lunedì, 26 Novembre 2012 02:41

Il pellegrinaggio a Compostela. Etnografia di una pratica

Scritto da  Gerardo

Segnaliamo, augurando all’autrice il successo, il libro di Elena Zapponi sul pellegrinaggio a Santiago de Compostela, Marcher vers Compostelle. Ethnographie d’une pratique pèlerine (Paris, AFSR/Harmattan, 2011, pp. 266).
Nel seguito, oltre la scheda, anche l’immagine della copertina.




Marcher vers Compostelle. Ethnographie d’une pratique pèlerine costituisce la prima ricerca etnografica approfondita sul fenomeno del pellegrinaggio a piedi verso Santiago de Compostela, in Spagna.
Il libro, pubblicato nella collezione Religions en question dell’Association Française de Sociologie de la Religion, che aveva premiato il manoscritto nel 2009, è introdotto da una bella prefazione di Denis Pelletier (EPHE, Paris) che sottolinea la qualità di un testo scritto in francese da una ricercatrice straniera, la capacità di analisi etnografica, l’ampiezza della bibliografia, densa di riferimenti letterari, iconografici, artistici, nonché la novità dell’approccio adottato per studiare il tema del pellegrinaggio.

Marcher vers Compostelle, consta di tre parti, che riproducono per il lettore, il ritmo e l’esperienza del camminare. La prima parte, La mise en scène de soi comme pèlerin, analizza, in base ad uno scrupoloso spoglio dei dati etnografici raccolti, la costruzione di un immaginario della partenza. Come nasce il desiderio di partire a piedi verso Santiago, di quale materia è fatto questo sogno, che ruolo gioca l’appartenenza religiosa e quale la ricerca autobiografica, l’aspirazione della riscrittura di un sé diverso, un uomo nuovo, rinato al mondo meraviglioso del Camino, regolato da altre logiche rispetto a quelle quotidiane, grazie alle vesti del pellegrino. E’ precisamente su questa prospettiva che si concentra il capitolo finale di questa parte, dal titolo, che non a caso rinvia all’idea di teatro, ‘I costumi’. L’autrice propone una brillante analisi sul guardaroba pellegrino, nata sul campo, chiedendo ai numerosi intervistati di poter conoscere l’interno dei loro zaini. Partendo dal presupposto che durante questo viaggio itinerante la legge dell’omnia mea mecum porto obbliga all’essere essenziali, l’analisi degli oggetti selezionati e portati non solo con sé, ma su di sé, permette di saperne di più sui soggetti pellegrini.

Questo capitolo introduce alla parte successiva, La route, nella quale siamo in pieno cammino: la pratica del corpo, il dolore, la musica del camminare, il rito di passaggio verso un nuovo mondo a cui introduce lo sforzo della marcia, sono alcuni degli aspetti analizzati. Una riflessione specifica, nel capitolo Scenario, (di nuovo e come vedremo non a caso emerge in modo deciso un linguaggio che fa riferimento al teatro e alla scena dell’interpretazione attoriale) viene dedicata ai luoghi del Camino, ma il proposito non è sintetizzare le tappe del percorso, compito lasciato alle numerose guide di viaggio. Si tratta piuttosto di un analisi morfologica del Cammino di Santiago, che si ispira all’analisi della fiaba di V. Propp. La scena religiosa del pellegrinaggio, per essere compresa viene disarticolata negli elementi portanti che ne fanno uno scenario dell’incantamento: elementi da fiaba, che colpiscono l’immaginario del pellegrino e partecipano dell’esperienza dell’incantamento di tutti coloro che percorrono la via. Quest’analisi morfologica della totalità del percorso, che illustra meglio il suo funzionamento o fruizione, è completata da un passaggio dal generale al particolare: un focus sulla vita di un villaggio specifico Hospital de Orbigo, di cui viene analizzata la vita quotidiana in rapporto all’esistenza del pellegrinaggio ed al passaggio dei pellegrini.

La terza ed ultima parte del libro, La fin du voyage, si concentra sull’arrivo e fine del pellegrinaggio, momento di alternata gioia e malinconia, sui riti nella cattedrale, le reinvenzioni della memoria collettiva, l’immagine di sé che i pellegrini hanno alla fine della loro epica avventura. Nel capitolo conclusivo, Types pèlerins, Elena Zapponi propone una sorta di mappatura attenta, a volte ironica, dei pellegrini che vanno a Santiago e del loro bagaglio di aspettative.

Un capitolo preliminare a carattere statistico precede le tre parti citate e fornisce una dettagliata base di dati sulla popolazione pellegrina , la sua internazionalizzazione, e la diversità di rappresentazioni dell’esperienza per agros, incamminando il lettore nella comprensione del fenomeno Compostela, nelle motivazioni che spingono i pellegrini di oggi a faticare sulle orme del ‘Barone per cui laggiù si visita Galizia’ (così Dante definiva Santiago nella Divina Commedia), nell’analisi approfondita delle spinte identitarie che determinano questo impegnativo viaggio di autoformazione e ricerca.

Il libro è interamente costruito sulla base di una solida etnografia svolta tramite tre ricerche sul campo avvenute in anni diversi e assumendo posture diverse: nel 1999 l’autrice ha percorso l’intero Camino francés, il tratto lungo circa ottocento chilometri che va da Roncisvalle A Santiago; nel 1999 ha invertito il punto di vista del pellegrino per acquisire quello stabile degli abitanti lunga la via di pellegrinaggio, lavorando in alcuni albergues de peregrinos e percorrendo nuovamente metà del percorso. La stessa postura etnografica, dapprima in loco e poi itinerante, fino a Santiago, e oltre, a Finis Terrae viene adottata nel 2002. Seguono vari ritorni nella città di Santiago, per completare l’analisi. Questa osservazione partecipante multifocale e la rielaborazione teorica che la segue dà luogo ad una prospettiva ermeneutica precisa: il pellegrinaggio verso Santiago viene descritto, ricorrendo alla metafora del teatro, come una scena religiosa. Una scena simile a quella della commedia dell’arte, sulla quale attori stavolta sociali, interpretano “all’improvviso” il loro ruolo, sul canovaccio della tradizione cattolico-cristiana che costituisce la memoria collettiva di Compostela. Le interpretazioni à la carte del pellegrinaggio ridisegnano i suoi confini ufficiali, se questi, nota l’autrice, sono d’altronde mai esistiti (da sempre la lunga esperienza del Camino determina una carica anti-strutturale di questo pellegrinaggio).

Per saperne di più rimandiamo alla lettura di questo lavoro approfondito che offre delle nuove prospettive non solo per lo studio del religioso ma anche sulle logiche di ricerca identitaria nella modernità tardiva.




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